Valentino Resort 2025: Lo Strabiliante Debutto Di Alessandro Michele

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Dopo l’annuncio dell’arrivo di Alessandro Michele, come nuovo direttore creativo, nella maison romana, eravamo stati colti da un ulteriore notizia : non avremmo avuto una collezione da lui firmata se non prima di settembre.

Ha perciò  suscitato molto stupore vedere, nei giorni scorsi, la pubblicazione di numerosi scatti che ci introducevano la Resort Collection 2025, debutto di Michele al timone della direzione creativa di Valentino.

Alessandro Michele e la Resort Collection 2025

La collezione, dal nome “Avant Les Debuts” , è composta da ben 171 look, tutti influenzati da dettagli riconducibili agli anni ‘60 e ‘70.

Colpiscono i grandi cappotti con finiture in pelliccia, abiti con fantasia, gonne a strati, completi formali, accessori elaborati e un’abbondanza di perle.

Grazie alla magnifica palette selezionata, a tratti mi sembra di assistere alla fioritura di un campo in piena primavera.

Sembrerebbe, dunque, che Alessandro avesse le idee ben chiare sulla direzione da intraprendere e, soprattutto, il target a cui volesse rivolgersi.

Se a primo impatto, ciò che abbiamo dinanzi, può sembrare un totale sconvolgimento della brand identity di Valentino, bisogna fare un piccolo passo indietro, quando tutto, pian piano, stava prendendo forma, attraverso le mani di Valentino Garavani.

Anche il nuovo creative director ha speso delle parole in merito : “Garavani era piuttosto massimalista, anche negli anni ’70, quando era nel suo periodo più essenziale. C’era sempre un senso molto romano di opulenza ed eccesso nel suo lavoro, distillato attraverso un’ossessione per la bellezza”.

Ciò che vuole esserci comunicato con questa collezione è un Valentino vintage ma allo stesso tempo glamour, al passo con i tempi.

Basta fare attenzione ad alcuni capi d’archivio, che trovate di seguito, della Maison per capire questi riferimenti.

 


Gucci o Valentino?

Ha semplicemente avuto luogo un’evoluzione, l’incontro del passato con il futuro.

É comunque innegabile il tocco visionario di Michele che si riflette sui capi attraverso un potere stilistico che inonda chi li indossa.

A molti questo lavoro può sembrare una copia di quello che per anni è stato effettuato da Gucci, ma la verità è una: l’anima di un artista come quella di A. M. non cambia, non riesce a diventare camaleontica.

Certo non ha nulla a che vedere con l’era precedente, anche in quel caso però stavamo presenziando ad una visione soggettiva, quella di Piccioli, quindi perché sottolineare l’anima di Michele quando ciò che fa è offrirci la sua prospettiva?

In fin dei conti cosa c’è di più bello della moda se non l’assistere al suo mutare, in questo caso fiorire? Al diritto di espressione su cui fonda le proprie radici?

Emanuela D'Alessio